«Non occorre che tu lo sappia», aveva tagliato corto mia madre. «Cose terribili.»

Da allora, avevo guardato Joseph Morelli con un misto di terrore e di pruriginoso interesse: nutrivo per lui una sorta di timore reverenziale. Avevo sei anni quando, con le gambe tremanti e lo stomaco contratto, seguii Morelli nel garage di suo padre, allettata dalla promessa che mi avrebbe insegnato un nuovo gioco.

Il garage dei Morelli sorgeva seminascosto, isolato e abbandonato ai margini del loro terreno. Offriva uno spettacolo desolante, illuminato com’era solo dalla luce che filtrava da una finestra incrostata di sudiciume. L’aria all’interno era stagnante e sapeva di muffa, puzzava di vecchi copertoni e di lubrificante usato. Non essendo destinato ad accogliere le auto dei Morelli, veniva utilizzato per altri scopi. Il vecchio Morelli se ne serviva per prendere i figli a cinghiate, e i figli per le loro scazzottate. Joseph Morelli ci portò la sottoscritta, Stephanie Plum. Per giocare al treno.

«Come si chiama questo gioco?» avevo chiesto a Joseph Morelli.

«Si chiama tuuu-tuuu», aveva risposto lui mettendosi carponi per strisciare fra le mie gambe, con la testa sotto la mia gonna rosa. «Tu sei la galleria, io il treno.»

Questo vi aiuterà a comprendere la mia personalità: non sono particolarmente brava a seguire i buoni consigli, o forse sono troppo curiosa. Magari è qualcosa che ha a che vedere con il mio carattere ribelle, con la noia, il destino, chissà. A ogni modo, si trattò di un’esperienza occasionale e per di più maledettamente deludente: mi aveva permesso di fare la galleria, mentre in realtà avrei voluto fare il treno.

Dieci anni dopo, Joe Morelli abitava ancora a distanza di due isolati. Era cresciuto grande, grosso e cattivo; una luce sinistra gli brillava negli occhi, che però, un minuto dopo, si scioglievano in uno sguardo tenero come un cioccolatino. Aveva un’aquila tatuata sul petto, il sedere sodo, i fianchi stretti e un’andatura da bullo. Si era fatto la fama d’essere lesto di mano e di possedere dita esperte.



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